Cut è la prima delle 4C del certificato gemmologico che accompagna ogni diamante e ne definisce il valore. Stiamo parlando del taglio, la complessa operazione che trasforma la pietra allo stato grezzo in una gemma luminosa e sfaccettata. La finezza del taglio determina la brillantezza del diamante e la sua capacità di riflettere al meglio la luce.
Ma come si sono evolute le tecniche di taglio del diamante dall’antichità ad oggi?
Tutto inizia 2800 anni fa nell’antica India dove furono scoperte le prime riserve diamantifere della storia. Il diamante è la pietra più dura esistente in natura, non è facile darvi finitura e forma. All’epoca era quindi comune limitarsi a lucidarlo lungo le sue facce naturali, senza modificarne la forma. I diamanti nel mondo antico furono principalmente conosciuti allo stato grezzo. Proprio per le difficoltà incontrate nei tentativi di lavorazione, la loro immagine si ammanta di misticismo e magia. Si sviluppò persino una forma di superstizione che raccomandava di mantenerli integri, pena la perdita di ogni loro potere sovrannaturale.
Fu l’intensificarsi del commercio internazionale, dall’Undicesimo secolo in poi, a dare impulso alla lavorazione dei diamanti grezzi. L’incremento della domanda di pietre determinò la necessità di iniziare ad intervenire sui cristalli grezzi con le prime rudimentali tecniche di taglio. I gioiellieri europei si sono nel tempo specializzati, ricercando la perfezione delle forme e delle simmetrie e sviluppando tipologie di taglio sempre più complesse. Realizzando sfaccettature sempre più numerose, si capì infatti che il diamante poteva brillare di luce propria dall’interno. Le straordinarie proprietà ottiche dei diamanti stavano finalmente venendo alla luce.
Dai diamanti a punta si passa a quelli a tavola, tipici per l’appiattimento della punta superiore. Incrementando il numero di faccette sul piano superiore si giunge a quello che viene considerato il primo taglio “a brillante”: il Taglio Peruzzi, dal nome dello storico tagliatore veneziano che lo mise a punto alla fine del 700 . Il perfezionamento di questo taglio avverrà poi un secolo dopo per merito del genio matematico russo Marcel Tolkowsky, che nell’opera “Disegnare diamanti espose il suo metodo per calcolare i tagli necessari per creare l’ideale taglio a “brillante”.Si tratta del Taglio Peruzzi, dal nome dello storico tagliatore veneziano che lo perfezionò.
Composto da 56 faccette e due tavole, il diamante così tagliato si presta perfettamente ad essere montato su qualsiasi gioiello. La pietra diventa sempre più desiderabile e la sua crescente richiesta dà ulteriore impulso al perfezionamento delle tecniche di lavorazione.
Oggi, con l’evoluzione della tecnologia, il taglio delle pietre è sempre più rapido e meccanizzato. Si ricorre a tecniche laser e computerizzate, con livelli di precisione elevatissima anche su pietre molto piccole. Dal taglio Peruzzi in poi, il taglio ideale del diamante sembra essere quello codificato secondo il criterio dell’ottica e della massima brillantezza. Molte pietre grezze di una certa grandezza sono ancora lavorate ad hoc e tagliate in forme più particolari. Ad esempio la forma a cuscino o quella a smeraldo, usate per escludere inclusioni o per impreziosire al meglio la pietra.
I diamanti sono valutati anche rispetto alla qualità del taglio. Esistono dei parametri specifici cui far riferimento. Il taglio migliore è classificato come EX, excellent.
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