Nonostante le principali miniere d’oro dell’antichità si trovassero fra Grecia, Spagna, Africa e Siberia, l’Italia ha sempre potuto vantare una lunga e sapiente tradizione orafa, che affonda le sue radici nell’epoca etrusca e che raggiunse la sua più alta espressione durante il Rinascimento, presso le splendide corti dei signori italiani. La toponomastica di diverse città, su tutte Milano con la sua storica Via degli Orefici, suggerisce il richiamo che alcuni centri rappresentavano per i grandi maestri artigiani, esperti nella lavorazione dell’oro e nella realizzazione di gioielli.
Le tecniche di lavorazione italiane nel tempo si affinano, trainate dalla richiesta di gioielli e manufatti sempre più preziosi e complessi, per raggiungere l’apice all’inizio del Novecento, quando l’artigianalità si arricchisce di ulteriori impulsi di tipo creativo, finendo col trasformare i gioielli in delle vere e proprie opere d’arte. Si sono gettate così le basi per includere l’arte orafa nell’ampio e prezioso bagaglio del Made in Italy, che dal dopoguerra in poi si consolida e si struttura, dando vita a dei veri e propri distretti di produzione, ben caratterizzati e localizzati in aree precise delle penisola.
I distretti orafi italiani sono quelli di Arezzo, di Valenza Po, di Vicenza, di Milano e quello della Campania. Il distretto di Arezzo ha una vocazione più industriale, a differenze di Valenza Po che, a fronte di una dimensione più ridotta, mantiene un orientamento più di tipo artigianale. Il distretto orafo vicentino si raffigura come un ibrido fra le due diverse vocazioni, mentre Milano vanta origini antichissime e rimane ad oggi una vetrina internazionale unica, grazie alle kermesse di moda che ospita ogni anno. Il distretto orafo campano è strutturato su tre poli, Napoli, Marcianise e Torre del Greco, e conta ben oltre 2000 imprese coinvolte nell’indotto, fra produzione, ingrosso e commercio.
In Campania l’arte orafa affonda le sue radici nel Medioevo, ai tempi di Federico II di Svevia; ma fu nella successiva epoca angioina (a cavallo fra il 1200 e il 1300) che iniziò ad assumere le caratteristiche di un vero e proprio distretto, quando venne costituita la prima corporazione di settore. Nota come la “Nobile Arte degli Orefici”, venne regolamentata da uno statuto promulgato da Re Carlo II d’Angiò, che impose anche l’obbligo del punzone (arnese atto a marcare/contrassegnare le superfici) per garantire la qualità e il titolo dei metalli utilizzati nelle lavorazioni. In quegli anni iniziò a svilupparsi anche quell’area urbana della città partenopea, nota come “Borgo degli Orefici”, ricca di mercati e botteghe artigiane. La sua collocazione in prossimità del porto agevolò gli approvvigionamenti e gli scambi commerciali, contribuendo a rendere nota l’oreficeria campana presso le corti europee dei secoli successivi.
La tradizione orafa campana, sapientemente custodita nel tempo e arricchita dall’introduzione di tecniche di lavorazione innovative, arriva fino ai giorni nostri, senza aver mai perso il suo fermento. L’area industriale di Marcianise ospita infatti il Consorzio “Il Tarì”, dove ha sede il nostro laboratorio produttivo e lavorano gli artigiani che con maestria creano i gioielli commercializzati dal nostro gruppo.
Chiamato così in nome di un’antica moneta d’oro araba diffusa anche nel Regno di Napoli, il Tarì nasce nel 1996 dalla volontà di un gruppo di giovani imprenditori di valorizzare proprio la tradizione orafa campana e concentrare le attività dell’indotto locale in un unico polo di oltre 35 mila metri quadrati. Il Tarì è quindi oggi punto di riferimento nel mondo orafo nazionale ed internazionale, e favorisce scambio, condivisione di know how, formazione e innovazione fra studenti e operatori del settore.
Prendendo ispirazione dell’antica tradizione corporativa che ha sempre contraddistinto l’area, le 400 realtà dell’indotto che ne fanno parte incarnano perfettamente il concetto di distretto orafo, a vantaggio individuale, ma anche e soprattutto collettivo, contribuendo allo sviluppo del territorio e della sua comunità.
Foto credit www.tari.it