Il conflitto in atto fra Russia e Ucraina è una tragedia umana, causa di innumerevoli vittime e di immensi danni economici collaterali. Gli equilibri geopolitici sono stati stravolti, come anche quelli dei mercati.
Come già evidenziato, in contesti di incertezza, per proteggere il proprio patrimonio gli investitori tendono ad orientarsi verso i beni rifugio, come oro e diamanti. Ma in tempi di guerra è a rischio anche il capitale culturale ed artistico delle aree contese. In un articolo del New York Times dello scorso 30 aprile, la direttrice del Museo di storia locale di Melitopol – città ucraina caduta sotto il controllo russo -, ha rilasciato dichiarazioni a proposito di un violento saccheggio di oggetti in oro custoditi nel museo e appartenenti alla cultura degli Sciti.
Ma chi sono gli Sciti e qual è stato il rapporto di questa antica popolazione con l’oro?
Gli Sciti furono una popolazione nomade indoeuropea. Stabilita poi negli attuali territori di Kazakistan, Russia meridionale e Ucraina, dove costruirono un regno lungo mille anni, a partire dal VII secolo a.C. L’oro aveva un ruolo fondamentale nella religione praticata. Il metallo giallo veniva considerato il tramite tra la dimensione umana e quella divina. Il mito della creazione raccontava di tre manufatti d’oro discesi dal cielo e afferrati solo dall’ultimo dei tre figli di Targitao, primo uomo nato sulla terra. Il terzogenito Colassai diviene quindi re degli Sciti. Da quel momento il custode dell’oro sacro sarà destinato a regnare sulla popolazione.
L’oro era usato nella vita di tutti i giorni: nell’abbigliamento, nelle calzature, nelle munizioni militari e nei finimenti per cavalli. Ma ancora più interessante fu l’uso che ne venne fatto in ambito funerario. Gli Sciti seppellivano senza alcun rimpianto enormi quantità di gioielli d’oro insieme ai defunti. Lo facevano nei Kurgan, caratteristiche strutture architettoniche dislocate nella steppa, che fungevano da tumuli e nascondevano complessi mausolei sotterranei. I kurgan, che oggi appaiono come caratteristici terrapieni che movimentano la fredda pianura, si rivelarono nel corso della storia difficili da depredare.
Gli scavi archeologici ufficiali hanno quindi potuto riportare alla luce tesori dal valore inestimabile, come un pettine d’oro del peso di 294 grammi o una decorazione pettorale di oltre un chilogrammo, appartenuta ad un re scita vissuto nel IV secolo a.C. Ma anche gioielli per uomini e per donne, ornamenti e manufatti tipicamente rappresentativi di figure animali e creature immaginarie, come grifoni, chimere e sfingi.
Tutto questo prezioso materiale rinvenuto costituisce l’inestimabile tesoro degli Sciti, oggi a rischio a causa dell’inasprimento del conflitto. Quell’oro sacro, antico simbolo di potere, fino a ieri custodito nei musei dei territori un tempo abitati dall’antico popolo, si trova oggi nuovamente conteso tra fratelli, al centro di tensioni belliche e di controversie internazionali.
Una curiosità. Nel 2014, poco prima che la Russia occupasse i territori della Crimea, ad Amsterdam si tenne una mostra al museo Allan Pierson, che aveva ad oggetto una collezione di manufatti d’oro delle tribù Scite, prese in prestito da un museo di Kiev e da quattro musei della stessa Crimea. I tesori erano ancora ad Amsterdam quando la Crimea firmò la sua adesione formale alla Russia. A chi restituire dunque la preziosa collezione? All’Ucraina, di cui la Crimea era parte prima della mostra, o ai musei della Crimea, ora annessa alla Federazione Russa? Si è così creato un caso giuridico internazionale durato anni, concluso nel 2021 con la scelta della corte olandese di riconsegnare gli ultimi oggetti contesi a Kiev. Sarà interessante seguire gli sviluppi della vicenda alla luce del conflitto in corso.